Pietro Molla

La spiritualità di santa Gianna logo pdf

negli scritti di Pietro Molla

 

È importante attingere alle testimonianze che, riguardo a santa Gianna, possono considerarsi autentiche in modo del tutto particolare perché dette o scritte da persone che le hanno voluto bene e l’hanno conosciuta prima di tutto nell’ambito della vita familiare.

Penso innanzitutto al marito, Pietro Molla, che ha condiviso con Gianna la prima ragione di santità che la Chiesa ha riconosciuto in lei: madre di famiglia. Con questo titolo infatti è stata canonizzata e occorre guardare a lei come luce che rischiara per tutti, nella Chiesa, il cammino di santità dentro la quotidianità della vita familiare.

A tutto questo certamente si dovranno aggiungere gli altri molteplici aspetti che completano e descrivono anche nei dettagli la sua vicenda spirituale. Ma, dovendo fare una scelta, iniziamo da qui e lasciamoci accompagnare a comprendere la spiritualità di santa Gianna dalle testimonianze del marito, limitando al minimo commenti e riflessioni ulteriori.

  Don Tiziano Sangalli

Attingiamo alla documentazione che la Chiesa ha pubblicato in forma ufficiale in un grosso volume dal titolo

 Canonizzationis  servae Dei ioannae beretta in molla

Positio

super virtutibus

 Questa documentazione comprende le testimonianze depositate oralmente o scritte da coloro che avevano conosciuto più intimamente Gianna fin da prima che incomincias­se la Causa di beatificazione, sia per poter scrivere l’edizione critica della biografia, sia per otte­nere dalla S. Sede il nulla osta per l’introduzione della Causa e per la co­struzione del Processo Cognizionale.

Alcune di queste testimonianze furono poi consegnate e giurate durante il Processo; altre furono giurate successiva­mente dietro richiesta del Postulatore della Causa:

Testimonianza di Pietro Molla

1.    Testimonianze scritte e giurate dell’ing. Pietro Molla, marito di santa Gianna.

Queste testimonianze scritte nel 1978 anche se redatte prima del Proces­so Cognizionale, furono però di nuovo consegnate e giurate durante la deposi­zione processuale nella sessione XII del gennaio 1981.

Queste sono:

1) Scritti, ricordi e testimonianze di Gianna Beretta.

2) Testimonianze sulle virtù teologali e morali di Gianna.

3) Fondamenta del suo insegnamento morale e delle sue virtù.

A tutto questo Pietro aggiunge altri scritti minori che chiama excursus: a) Attualità e originalità della testimonianza e del messaggio di Gianna; b) testimonianza conclusiva sulle convinzioni e le idee di fondo di Gianna; c) alcuni appunti in merito a questioni sollevate da Mons. Moneta Caglio, Promotore della fede.

1)    Scritti, ricordi, testimonianze di Gianna Molla Beretta

È questo un colloquio di Pietro Molla con i propri figli «perché cono­scano e meditino l’insegnamento di Fede e di Amore della loro Mamma e ne siano degni.

Pietro fa un profilo molto dettagliato di tutta la vita di Gianna, servendosi quasi esclusivamente delle testimonianze scritte dai parenti o amici, come pure riportando spesso brani degli scritti di lei. Per questo lo riteniamo prezioso.

2) Testimonianza del marito Pietro Molla sulle virtù morali di Gianna Beretta Molla

Anche questa testimonianza scritta prima del Processo Cognizionale (aprile 1973) fu consegnata, dopo averla giurata, durante la deposizione orale. È un intimo colloquio con Gianna, nel quale il marito vuole ricor­dare e rivivere i momenti più belli e significativi della loro vita, fin dalla prima volta che si sono conosciuti.

Pietro divide questa sua testimonianza in due parti: nella prima ci dice quando avvenne il loro primo incontro (1949), ci parla poi del fidanzamento, della vita da sposa, da madre, da medico; parla infine del sacrificio della vita per la sua ultima figlia. Accenna anche a come si è iniziata la causa di canonizzazione. Nella seconda parte parla delle singole virtù teologali, cardinali e speciali di Gianna. Questa testimonianza ha un particolare significato per la conoscenza della spiritualità di santa Gianna. La riportiamo per intero, così come scritta nella Positio.

Scrive Pietro:

Gianna, ho raccolto i tuoi scritti, ricordi e testimonianze in un colloquio con i nostri figli perché conoscano e meditino il tuo insegnamento di Fede e di Amore.

Li ho raccolti dalle tue lettere e dai tuoi manoscritti, dai ricordi e dalle testimonianze dei nostri cari e di quanti ti hanno cono­sciuta negli studi e nella professione, nella Azione Cattolica e nelle Conferenze di San Vincenzo, nella tua giovinezza e come sposa e madre.

Voglio ora rivivere e ripensare in un colloquio diretto con te, fra terra e cielo, i momenti più espressivi della nostra vita, dal no­stro primo incontro nel lontano 1949 a quando mi è mancato il con­forto ineffabile della tua presenza visibile. Voglio esprimerti i sentimenti, le speranze e le certezze che la tua vita, le tue virtù, il tuo eroico sacrificio continuano ad alimentarmi. Te li voglio esprimere soprattutto ora che ti hanno riconosciu­ta degna di una Causa per la Beatificazione.

Mi sono incontrato con te, la prima volta nella mia vita, nel settembre 1949, nell’ambulatorio del fratello dottor Ferdinando, al quale mi ero rivolto per una indisposizione. Ci siamo appena guardati e salutati. La mia prima impressione di, te è stata di persona estremamente limpida e seria.

Ti ho rivisto, una seconda volta, l’anno successivo, il 21 apri­le, nell’ospedale di Magenta, ancora in camice bianco, quando avevi appena terminato una trasfusione di sangue a mia sorella Teresina, che il Signore chiamava tra i Suoi Angeli qualche giorno dopo. Anche in quella circostanza, per me sommamente dolorosa, i nostri sguardi si sono appena incontrati.

lo sapevo già in quegli anni che tu eri una ragazza ottima sotto ogni aspetto: studente poi laureata in Medicina ed al tempo stesso attivissima nella Azione Cattolica e nelle Conferenze di S. Vin­cenzo.

Ero a conoscenza che, nella tua qualità di Delegata di zona, ve­nivi periodicamente anche nella mia Parrocchia di Mesero, a tenere conferenze alle giovani di Azione Cattolica; nella stessa Parrocchia dove io, studente e poi laureato, spiegavo, la domenica pomeriggio, la dottrina cristiana ai giovani e agli uomini. Ricordo che il mio Parroco, l’ottimo Parroco Don Giuseppe Ai­raghi, aveva di te una altissima stima.

Non una voce discorde fra quante persone io avvicinavo ma so­lo apprezzamento unanime della limpida, esemplare testimonianza di fede e di vita cristiana tua e della tua famiglia.

Ti ho incontrata nuovamente, nell’estate del 1950, quando hai aperto l’ambulatorio a Mesero e scegliesti come tua infermiera la si­gnora Luigina Garavaglia che abitava nella mia stessa casa.

Dalla seconda metà del 1950 al novembre 1954, alcuni nostri incontri fugaci, rapidi scambi di saluto e qualche leggero sorriso, in occasione delle tue visite all’infermiera o dei tuoi viaggi da Magenta a Mesero e dei miei da Mesero a Magenta. Conoscevo anch’io quanto unanimi fossero l’apprezzamento e la stima per te di tutti i tuoi « ammalati» giovani e vecchi, soprattutto delle giovani mamme e dei vecchi ammalati cronici che tanto conforto traevano dalle tue pazienti, affettuose, premurose cure. Tutti a Mesero sapevamo che tu curavi con competenza e con lodevolissimo impegno la salute dei tuoi ammalati e al tempo stesso ne curavi, in tutti i casi necessari, anche l’anima. Era noto il tanto bene che, alla luce del Vangelo, facevi alle madri ed alle giovani quando sottoponevano a te i loro problemi di maternità.

L’8 dicembre 1954 ci incontrammo, invitati entrambi alla Pri­ma Messa di Padre Lino da Mesero. Sul mio diario di quel giorno ti ricordo mentre con il tuo gen­tile largo e buon sorriso ti felicitavi con Padre Lino e i suoi paren­ti; ti ricordo mentre facevi devota il segno della Croce prima della colazione. Ti ricordo ancora in preghiera alla benedizione Eucaristica. Sento ancora la tua cordiale stretta di mano e rivedo il dolce e luminoso sorriso che la accompagnava. E nel mio diario del giorno successivo – il 9 dicembre – ho scritto: «Sento la serena tranquillità che mi dà per certo di aver avu­to ieri il buon incontro. La Madonna Immacolata mi ha benedetto » ..

La sera del 31 dicembre 1954 assisto con te ed i tuoi familiari a uno spettacolo di balletti al Teatro della Scala e saluto il nuovo anno nella tua casa. Leggo nel mio diario di quel giorno: «Questa sera può rappre­sentare una data decisiva per la mia vita e le mie aspirazioni. Mi af­fido alla Madonna del Buon Consiglio».

Dal febbraio, creiamo occasioni sempre più frequenti per incon­trarci; ci confidiamo desideri e aspirazioni, speranze e certezze, ci com­prendiamo sempre meglio. Il 21 febbraio tu già mi scrivi:

«Vorrei proprio farti felice ed essere quella che tu desideri: buo­na, comprensiva e pronta ai sacrifici che la vita ci chiederà. Intendo donarmi per formare una famiglia veramente cristiana».

Il 22 febbraio annoto sul mio diario: «Incipit vita nova ». E il 7 marzo: «Più conosco Gianna e più mi persuado che mi­glior incontro Iddio non poteva donarmi». Alla tua umiltà si accompagnava la certezza nella efficacia determinante della preghiera e nell’aiuto immancabile del Signore.

L’11 marzo mi scrivi:

«Il Signore proprio mi ha voluto bene. Tu sei l’uomo che desideravo incontrare, ma non ti nego che più volte mi chiedo: sarò io degna di lui? Sì, di te, Pietro, perché mi sento così un nulla, così capace di niente che pur desiderando grandemente di farti felice, temo di non riuscirci. E allora prego così il Signore: tu che vedi i miei sentimenti e la mia buona volontà, rimediaci tu e aiutami a diventare una sposa e una madre come Tu vuoi e come penso che anche Pietri lo desideri».

Il 22 marzo entri per la prima volta nella mia casa. Sei stata la benvenuta anche per i miei genitori e le mie sorelle che ti hanno espres­so la loro profonda stima e il loro caldo affetto.

Ancora nella tua evangelica umiltà, mi scrivi il 9 aprile

«Pietro carissimo, tu sai che è mio desiderio vederti e saperti felice: dimmi come dovrei essere e ciò che dovrei fare per renderti tale. Ho tanta fiducia nel Signore e sono certa che mi aiuterà ad essere la tua degna sposa. Mi piace spesso meditare il brano dell’Epistola della Messa di Sant’Anna: “La donna forte chi la troverà? Il cuore di suo marito può confidare in lei, non gli farà che bene né mai gli recherà danno per tutti il tempo della sua vita”. Pietro, potessi essere per te la donna forte del Vangelo. Invece mi sento debole».

Il tuo colloquio quotidiano con il Signore si faceva più intenso.

Il 23 marzo mi scrivi:

«Alle 8 e mezzo sono alla Santa Messa. Credi che non ho mai gusta­to la Santa Messa al Sestrière e la santa Comunione come in questi giorni? La chiesetta, tutta bella e raccolta, è deserta. Il celebrante non ha nemmeno il chierichetto, quindi il Signore è tutto per me e per te, Pietro, perché ormai dove sono io, ci sei anche tu».

Il 18 aprile, qualche giorno prima del nostro fidanzamento uffi­ciale, tu sciogli ancora un inno di ringraziamento al Signore e mi scrivi:

«Pensa Pietro, il Signore ci ha fatto questa grande grazia; come dovremmo sempre essergli riconoscenti!».

Tua è stata la proposta, che ho accolto subito con entusiasmo, di festeggiare il nostro fidanzamento ufficiale con una speciale Santa Mes­sa e la Santa Comunione per ringraziare e per supplicare il Signore.

Fra le tantissime unanimi felicitazioni, la più gradita è stata quel­la «per l’ottima scelta», del mio Parroco che ti conosceva da anni e che io ho sempre considerato un santo sacerdote.

La tua vita di fede e di preghiera, lungi dall’affievolirsi, si in­tensificava.

Il 10 giugno mi scrivi:

«Ti amo tanto tanto Pietro e mi sei sempre presente comincian­do dal mattino quando durante la Santa Messa, all’Offertorio, offro con il mio, il tuo lavoro, le tue gioie, le tue sofferenze e poi durante la giornata sino alla sera».

In quella radiosa estate del nostro fidanzamento tu eri per me ogni giorno di più, la creatura meravigliosa che mi trasmetteva la sua gioia di vivere, di salire sulle vette e scendere veloce dai pendii ne­vosi, la gioia dell’incanto del Creato e del suo ineffabile sorriso, la gioia della nostra nuova famiglia, ormai prossima, la gioia della gra­zia di Dio. Tua è stata ancora la proposta di prepararci con la preghiera più intensa.

Mi hai scritto il 4 settembre:

«Mancano solo venti giorni e poi … sono Gianna Molla! Che diresti se per prepararci spiritualmente a ricevere questo Sa­cramento facessimo il Triduo? Nei giorni 21, 22, 23, Santa Messa e Santa Comunione, tu a Ponte Nuovo, io nel Santuario della Assunta. La Madonna unirà le nostre preghiere, desideri e poiché la unione fa la forza, Gesù non può non ascoltarci ed aiutarci. Sono certa che dirai di sì e ti ringrazio»

E facemmo il triduo.

Il 13 settembre mi hai scritto come tu desideravi formare la no­stra nuova famiglia e come sentivi il Sacramento del Matrimonio”:

«Con il tuo aiuto e la benedizione di Dio faremo di tutto perché la nostra nuova famiglia abbia ad essere un piccolo Cenacolo ove Gesù regni sopra tutti i nostri affetti, desideri e azioni. Pietro mio, manca­no pochi giorni e mi sento tanto commossa ad accostarmi a ricevere il Sacramento dell’ Amore. Diventiamo collaboratori di Dio nella crea­zione, possiamo così dare a Lui dei figli che Lo amino e Lo servano».

Quante volte mi torna al pensiero quell’improvviso scrosciare di battimani nella basilica di Magenta al tuo ingresso e sino all’arrivo al­l’altare delle nostre Nozze! Tuo fratello Don Giuseppe ha benedetto le nostre nozze e ci ha esortato alla testimonianza del Vangelo e alla santità. Da quel mattino cominciò per noi la pienezza della nuova vita: tutto un succedersi di giorni di gioie ineffabili e di serenità lumino­sa, di trepidazioni e di sofferenze, sino al mattino di quel sabato che ti vide salire al Cielo.

Il tuo sogno ineffabile di sposa era quello di avere bambini, tan­ti, bravi e buoni. Nasce Pierluigi e la tua gioia di madre è piena e perfetta. Essa si rinnova con la nascita di Mariolina e poi ancora di Lau­retta. In ogni attesa, quanta preghiera, tanta fiducia nella Provviden­za, quanta fortezza nelle sofferenze! Ad ogni nascita, quale inno di ringraziamento al Signore!

Hai voluto che, appena terminata la cerimonia del Santo Batte­simo, ciascuno dei nostri bimbi fosse consacrato e affidato alla parti­colare protezione della Madonna del Buon Consiglio. Appena in età, hai voluto Pierluigi «Fanciullo di Azione Catto­lica» e Mariolina «piccolissima» nella stessa Azione Cattolica. E godevamo con pienezza di gioia i nostri bimbi, vivevamo per essi e ne eravamo tanto orgogliosi. E tu continuavi a possedete la gioia della vita, a godere l’incanto del Creato, i monti e le loro nevi, i concerti di musica sinfonica e il teatro, come nella tua giovinezza e nel periodo del nostro fidanza­mento.

In casa eri sempre operosa: non ti ricordo una sola volta in ozio e nemmeno in riposo nelle ore diurne, se non per indisposizione. Nonostante gli impegni della nostra famiglia, hai voluto conti­nuare la tua missione di medico a Mesero, soprattutto per l’affetto e la carità che ti legavano alle giovani mamme, ai tuoi «vecchi», ai tuoi «ammalati cronici». E quante cure affettuose per i bambini della Scuola Materna, dell’Asilo Nido e delle Scuole Elementari e per il consultorio delle mamme a Ponte Nuovo!

I tuoi propositi, i tuoi atti erano sempre in piena coerenza con la tua fede, con lo spirito e l’opera di apostolato e di carità della tua giovinezza, con la piena fiducia nella Provvidenza e con il tuo spi­rito di umiltà. In ogni circostanza, ti richiamavi sempre e ti affidavi alla volontà del Signore. Ogni giorno, lo ricordo, avevi sempre la tua preghiera e la tua meditazione, il tuo colloquio con Dio e il tuo ringraziamento per il dono ineffabile dei nostri meravigliosi figlioli. Ed eri tanto felice.

Desideravi tanto un’altro bambino, hai pregato e hai fatto pre­gare perché il Signore ti esaudisse. Il Signore ti esaudì, ma questa grazia divina ti avrebbe chie­sto il sacrificio della tua vita. E tu lo hai fatto.

Costretta a un intervento operatorio nel corso della nuova gra­vidanza, tu, fedelissima ai tuoi principi morali e religiosi, hai disposto, senza esitare, che il chirurgo si preoccupasse in primo luogo di salvare la vita della tua creaturina. Quanto hai sofferto per quella operazione e con quale gioia hai ringraziato il Signore perché la maternità era salva! E sognavi un figlio missionario.

Con impareggiabile forza d’animo e con immutato impegno hai continuato la tua missione di madre e di medico sino agli ultimi gior­ni della gestazione. Pregavi e meditavi.

Ricordo che l’abituale tuo sorriso e la abituale tua serenità per la bellezza, la vivacità e la salute dei nostri bimbi erano molte vol­te velate da una intima preoccupazione. Temevi e trepidavi che la creaturina in seno potesse nascere sofferente. Pregavi e pregavi perché così non fosse. Più volte mi hai chiesto venia se mi eri di preoccupazione. Mi dicesti che mai come allora avevi bisogno di amorevolezza e di comprensione.

Non una parola da parte tua a me, in tutti quei lunghi mesi, sul­la tua consapevolezza, come medico, di quanto ti attendeva. E questo, certamente, per non farmi soffrire. Mi preoccupava quel tuo silenzioso riordinare, per giorni e gior­ni, ogni angolo della nostra casa, ogni cassetto, ogni abito, ogni og­getto personale, come per un lunghissimo viaggio. Ma non ho osato chiedermi e chiederti il perché. Soltanto alcuni giorni prima del parto, con tono fermo e, al tem­po stesso sereno, con uno sguardo profondo che non ho mai dimen­ticato, mi dichiarasti: «Se dovete decidere fra me e il bimbo, nessu­na esitazione: scegliete – e lo esigo – il bimbo, salvate lui». Da quel momento anch’io trepidavo e soffrivo con te.

Il mattino del sabato santo avemmo la gioia ineffabile e il do­no divino della creatura che attendevamo: Gianna Emanuela. Dopo qualche ora, cominciavano le tue sofferenze inaudite, su­periori alle tue forze e che ti facevano invocare ad ogni momento tua madre, già in Paradiso. Sapevi di dover morire e sentivi lo strazio di lasciare piccoli tut­ti i nostri bambini, ma non me lo confidasti. Quando hai preso tra le braccia la nostra creaturina, l’hai guar­data affettuosissimamente, con uno sguardo che tradiva l’indicibile tua sofferenza di non poterla godere, allevare, e di non rivederla più. Ma anche in quel momento, nessun accenno a me di un tuo ti­more e tanto meno di una tua certezza di dover morire.

Soltanto a Suor Maria Eugenia Crippa, addetta al reparto gi­necologico dell’ospedale di Monza, hai detto al tuo ingresso nel repar­to: «Suora, sono venuta qui, devo morire questa volta». E lo hai detto – testimonia ancora Suor Maria Eugenia, con uno sguardo di dolore per la vita che sentivi di lasciare, ma nello stesso tempo, serena. Un vero modello di madre eroica.

Ricordo quanto mi hai detto, il mercoledì mattina, con una se­renità tanto soave da sembrarmi quasi ultraterrena:

«Pietro, ora sono guarita. Pietro, ero già al di là e sapessi cosa ho visto. Un giorno te lo dirò. Ma siccome eravamo troppo felici, stavamo troppo bene, con i nostri bimbi meravigliosi, pieni di salute e di grazia, con tutte le be­nedizioni del Cielo, mi hanno rimandata quaggiù per soffrire ancora, perché non è giusto presentarci al Signore senza tante sofferenze».

Questo è stato e rimane per me il tuo testamento di gioia e di sofferenza. Dopo, ancora sofferenze miche maggiori. Hai desiderato ricevere Gesù Eucaristico, almeno sulle labbra, anche il giovedì e il venerdì, quando ormai non potevi più degluti­re la sacra particola. Era accanto a te anche un santo! Sacerdote, Padre Olinto Marella.

Il Signore non ha potuto accogliere, non ha accolto il pianto, le suppliche, i voti di me che servivo, sempre a stento trattenendo il pianto, la Santa Messa di Padre Marella nella Chiesa dell’ospedale. Non ha potuto accogliere le preghiere dei nostri bimbi, di quel san­to sacerdote, dei nostri cari e dei moltissimi che trepidavano per la tua vita, come fossi un membro della loro famiglia. Hai ripetuto parecchie volte nella tua agonia: «Gesù ti amo, Gesù ti amo!».

Mi avevi chiesto, il mercoledì sera, di tornare nella nostra casa. Sei tornata, sabato mattina, nella tua estrema agonia. Forse hai sentito anche tu le voci dei nostri bimbi che nella ca­mera accanto si svegliavano.

Quasi nello stesso momento sei salita al Cielo, con i Santi.

La tua vita, o Gianna, – l’ho testimoniato anche ai nostri fi­gli – è stata un atto e una azione perenne di fede e di carità, un ri­cercare senza sosta per ogni decisione e per ogni opera la volontà del Signore, con la preghiera e la meditazione, la Santa Messa e l’Eu­carestia. È stata un continuo realizzare i precetti e i consigli Evangelici, anche quelli che chiamano alle vette del dovere e dell’amore, sempre, anche quando il sacrificio che ne è conseguito è stato quello della tua stessa vita. La vita è stata veramente per te una missione da compiere e un talento da trafficare secondo la volontà del Signore. Tutto in te discendeva dalla pienezza della tua fede e aveva il suo fulcro in questa pienezza.

Non hai fatto cose eccezionali, non penitenze eccezionali, non hai cercato la rinuncia per la rinuncia, non l’eroismo per l’eroismo. Sentivi e attuavi i tuoi doveri di giovane, di sposa e di madre, e di medico, con piena disponibilità ai disegni e alla volontà del Si­gnore, con spirito e desiderio di santità per te e per gli altri.

È stata una chiara testimonianza di fede e di carità la tua vita nella famiglia e con il prossimo, negli studi e nella professione, nella Azione Cattolica e nelle Conferenze di S. Vincenzo; la tua vita di fi­danzata, di sposa e di madre dei bimbi che avevamo e della creatu­ra che attendevi.

Mentre compivi la volontà del Signore, hai saputo godere i Suoi doni, la vita, i nostri bimbi, il creato, ma hai avuto l’eroismo di sa­pere rinunciare a tutto per non venir meno alla stessa volontà del Signore. Hai attuato la tua vocazione di giovane cristiana, esemplare con l’Azione Cattolica e con le Conferenze di S. Vincenzo, la tua vocazio­ne di lavoro e di servizio nella professione di medico che curava cor-. pi e anime, la tua vocazione di sposa e di madre con l’olocausto della tua vita per la tua maternità.

Già in quel mattino di lacrime e di strazio eravamo certissimi che avevi raggiunto il Paradiso; eravamo certissimi che ti eri ricongiunta a tua madre, ai tuoi e ai miei cari che ci hanno preceduto nel segno della fede. Ti ha raggiunto anche la nostra meravigliosa Mariolina, meno di due anni dopo.

O Gianna, soltanto per chi è in Paradiso, il dolore e la morte cessano veramente di essere un mistero. Chi è in Paradiso è santo ed io, certo del tuo Paradiso, sono cer­to della tua santità. Ed è tutto un coro di certezze il tuo Paradiso, la pienezza del­la tua Fede, la certezza della tua Speranza e l’eroismo della tua Ca­rità. La certezza del Santo Padre, di Vescovi e di teologi, di santi sa­cerdoti come Padre Marella e di quanti ti hanno conosciuta. La certezza di S.E. il Cardinale Arcivescovo Giovanni Colombo che tu sei una di quelle anime che il Signore ci manda sulla terra indubbiamente per recarci un messaggio . La certezza che queste anime sono i santi del Signore. La certezza che il Signore non ti avrebbe chiamata a sé, lascian­do orfani i nostri bimbi, senza una ragione di santità e uno scopo di messaggio. La certezza che il tuo santo eroismo è stato il frutto e la conse­guenza logica di tutta una vita di fede vissuta, spiegabile solo in ani­me sante, profondamente convinte della loro fede e chiaramente com­prese delle responsabilità proprie dinnanzi alla vocazione ricevuta dal Signore; eroismo non umanamente possibile senza un particolare do­no e l’aiuto che Iddio dà alle anime a Lui più care. La certezza che tu sei morta come sei vissuta, da santa.

Ma vi è di più.

Già l’8 maggio 1962 il Vescovo Mons. Carlo Colombo scrive­va a Don Giuseppe che il tuo sacrificio era paragonabile al martirio e suscettibile quindi di canonizzazione. Il 24 settembre 1966, ancora il nostro Cardinale Arcivescovo Giovanni Colombo, nella cerimonia della dedica a te delle Scuole Ele­mentari di Ponte Nuovo, dichiarava che «il tuo è un esempio così fulgido che non potrà certamente essere dimenticato dalla Chiesa e che dinnanzi a questo esempio così fulgido il desiderio più profondo è di tacere, di meditare, di ammirare, di pregare e viene dal cuore un desiderio di renderei degni di queste Anime che il Signore ci manda sulla terra indubbiamente per recarci un messaggio».

La tua morte è stata edificante, lo ha affermato il Santo Padre; è stata eroica, lo afferma il Segretario della Sacra Congregazione per le Cause dei Santi. Il tuo eroismo, che ti ha chiesto l’olocausto della vita – ha af­fermato il Vescovo Mons. Morstabilini – è il frutto e la conseguen­za logica di tutta una vita di fede vissuta e non è spiegabile che in anime sante e chiaramente comprese delle responsabilità proprie din­nanzi alla vocazione ricevuta dal Signore. La tua vita, il tuo eroismo e la tua morte sono tutto un atto di piena accettazione della volontà del Signore, come tu la sentivi nella pienezza della tua Fede e della tua Carità, nella certezza della tua Speranza.

Se queste tue virtù teologali ti hanno portato a un termine edi­ficante ed eroico, esse stesse non potevano non essere in te sentite e vissute in modo edificante ed eroico. Tu sapevi molto più di me che la somma e la sintesi di tutte le virtù teologali e morali è la Carità. Il sacrificio della tua vita è stato eroico in sé perché dono più grande non potevi sacrificare, soprattutto tu che amavi la vita, go­devi la gioia di vivere, la gioia ineffabile dei figli e della famiglia, la gioia del creato. È stato eroico per lo scopo, perché dono più grande della vita della tua creatura non potevi salvare con il tuo sacrificio.

A questo sacrificio eroico ti ha portato la tua Carità, la quale per ciò stessa è stata eroica. La tua Fede e la Tua Speranza hanno alimentato, giorno per gior­no, dalla tua giovinezza, la tua Carità. E se l’hanno alimentata sino al punto di essere eroica non pos­sono anch’esse – la tua Fede e la tua Speranza – non essere state sentite e vissute in grado eroico.

Le virtù teologali di santa Gianna

Lasciamoci ancora guidare a comprendere la vita spirituale di santa Gianna dalle testimonianza del marito, limitando al minimo commenti e riflessioni ulteriori.

LA TUA FEDE

L’hai assimilata dai tuoi ottimi genitori, entrambi di fede profon­da e l’hai sempre accresciuta nella tua famiglia, ove l’educazione av­veniva a base di sacramenti e di dottrina cristiana vissuta, come attesta Padre Felice.

“Hai ricevuto Gesù nella Prima Comunione a soli cinque anni e mezzo e da quel giorno, per anni e anni, ogni mattina, con tua ma­dre, hai ascoltato la Santa Messa e ricevuto Gesù, tuo cibo indispen­sabile di ogni giorno”.

Educatori, insegnanti e colleghi di studi, dal ginnasio all’univer­sità” sono unanimi nel testimoniare anche per iscritto:

  • la tua Fede non fatta di formule, ma di testimonianza effica­ce e attraente, resa con assoluta semplicità di gesti;
  • la tua profonda e sentita pietà, che nella sua semplicità e convinzione attingeva a vette altissime; la Santa Messa, per te, pra­tica insostituibile ed impareggiabile: lo hai scritto anche nei tuoi ap­punti di conferenze alle giovani di Azione Cattolica;
  • il tuo costante esempio di intensa vita di pietà;
  • le visite a Gesù Eucaristico e il Santo Rosario ogni giorno;
  • il tuo costante colloquio con il Signore, nella preghiera, che per te non poteva essere sostituita da nessun’altra opera, nemmeno dall’apostolato, come hai lasciato scritto nei tuoi appunti per le con­ferenze di Azione Cattolica;
  • la tua piena attuazione del programma di Azione Cattolica: Eucarestia, apostolato, eroismo; programma che faceva sentire su di te la responsabilità di guidare a Dio e alla santità le giovani di Azio­ne Cattolica e ti faceva inserire nella loro vita come una luce che il­lumina:
  • il tuo elevato senso cristiano della vita e delle virtù che han­no edificato lo stesso tuo confessore Mons. Ceriani.

Appena ci siamo conosciuti mi sono trovato di fronte ad una tua fede vissuta in modo limpido e pieno, a uno spirito di preghiera tan­to intenso quanto certo della sua determinante ed efficace necessità, ad una pietà profonda.

Per avviare il nostro fidanzamento sei stata esemplarmente chia­ra: “Intendo donarmi per formare una famiglia veramente cristia­na”, mi hai scritto il 21 febbraio 1955. Tu hai subito accomunato, nelle tue preghiere, nelle tue offer­te quotidiane, al tuo, il mio lavoro, alle tue, le mie gioie e le mie sofferenze.

Hai voluto celebrare con la S. Messa e la Comunione il nostro fidanzamento ufficiale ed hai desiderato che ci preparassimo alle noz­ze con un triduo di Sante Messe e di Comunioni e di preghiere, cer­ta che la Madonna e Gesù ci avrebbero benedetto. Hai chiesto l’aiuto e la benedizione del Signore perché “la no­stra nuova famiglia fosse un piccolo cenacolo ove Gesù regnasse sopra i nostri affetti, desideri e azioni”.

Anche il fine del matrimonio era per te un fine di fede: me lo hai scritto il 13 settembre 1955: “Con il Sacramento dell’Amore di­ventiamo collaboratori di Dio nella creazione e possiamo così dare a Lui dei figli che Lo amino e Lo servano”.

Nella nostra vita matrimoniale e di famiglia, tutto era in te coe­rente con la tua fede. Ogni giorno, la tua preghiera e la meditazione, il tuo colloquio con Dio e il ringraziamento per il dono ineffabile dei nostri figli. Anche la tua professione di medico, così come tu l’attuavi, era in piena coerenza con la tua fede e con lo spirito e l’opera di apo­stolato che, nella tua giovinezza e anche dopo, ti avevano fatta at­tiva e generosa nella Azione Cattolica e nelle Conferenze di San Vin­cenzo.

La tua fede ti faceva sentire forte la soddisfazione di avere nel­la tua famiglia un fratello medico Cappuccino e Missionario, un fra­tello ingegnere Sacerdote e una sorella laureata in medicina Suora Canossiana; la tua fede ancora ti faceva desiderare che almeno uno dei nostri figli abbracciasse la vita religiosa.

LA TUA SPERANZA

Le componenti fondamentali della tua speranza erano la piena fi­ducia nella Provvidenza divina e la certezza della efficacia della pre­ghiera. Quante volte mi hai espresso questa tua fiducia e questa tua certezza dal nostro primo incontro ai tuoi ultimi giorni!

Non ho mai dimenticato quanto mi scrivesti all’inizio del nostro fidanzamento e nella attesa dei nostri figli.

Il 9 aprile 1955:

“Ho tanta fiducia nel Signore e sono certa che mi aiuterà ad essere la tua degna sposa”.

Il 7 novembre 1956 nella attesa preoccupante di Pierluigi:

“Spe­ro proprio che entro il 10 corrente il bimbo nasca. Ho fiducia nella Provvidenza”.

Il 29 aprile 1957 nella attesa di Mariolina:

“A novembre, Pier­luigi avrà un fratellino o una sorellina, come il Signore vorrà. lo sto bene, ma ho ancora, come per Pierluigi, nausea e vomito e le medi­cine mi fanno ben poco. Ma non importa; offro al Signore perché va­da bene ogni cosa e possa nascere un altro bel popò sano e vispo come Pierluigi. Ho fiducia nelle tue Preghiere e grazie del tuo momento nella Santa Messa quotidiana. Il Signore non può non ascoltare le tue pre­ghiere”.

La certezza nella Provvidenza divina che tutto predispone e ope­ra per il nostro bene, ti faceva maggiormente ammirare e godere il do­no della vita, dei figli, della famiglia e del creato. E veramente sapevi godere tanto gioiosamente quanto rettamente , l’incanto dei monti e delle loro nevi, i viaggi ed i concerti, il teatro e le feste. Tu mi hai dimostrato che si può compiere appieno la volontà del Signore e farci santi senza rinunciare alla pienezza delle gioie pure e migliori che la vita e il creato ci offrono. Non ho mai dimenticato il segreto della tua felicità. Me lo hai scritto nel periodo del nostro fidanzamento:

“Il segreto della felicità è di vivere momento per momento e di ringraziare il Signore di tutto ciò che Egli nella Sua bontà ci man­da giorno per giorno. Perciò in alto i cuori e viviamo felici”.

Tu eri certa che il Paradiso e la visione e il possesso di Dio ti attendevano, ma non avevi la tensione di raggiungerli al più presto, la tensione propria delle anime mistiche.

Nell’estate 1957 nella attesa ancora di Mariolina mi scrivevi:

“Il Signore ha veramente benedetto il nostro Amore donandoci un altro bimbo; io sono tanto felice e con t aiuto della Madonna celeste e con te che sei tanto buono, comprensivo e affettuoso non mi preoccupano le sofferenze della nuova maternità. Grazie Pietro carissimo, delle tue preghiere. La Madonna ti ascolterà e avremo così un altro bel bambino come il nostro caro Pierluigi. Che caro angioletto”.

Il 24 maggio 1959, quando mi trovavo negli Stati Uniti mi hai scritto nella preoccupante e difficile attesa di Lauretta: “Che pensiero… Confido nella Madonna e sono certa che anche questa volta mi aiuterà”.

Nel settembre 1961, per il primo intervento chirurgico, hai tanto pregato e tanto fatto pregare.

Ai nostri bimbi scrivevi:

“Dite una Ave Maria per me, così la Madonna mi farà guarire presto e potrò tornare a Courmayeur a riab­bracciarvi e a stare sempre con voi”.

È stata la tua piena fiducia nella Provvidenza e la certezza nell’efficacia determinante della preghiera che ti hanno dato forza e anche serenità negli ultimi mesi.

Quando ti appariva sempre più probabile che non era possibile salvare te e la creatura che attendevi, non hai mai disperato della Provv­idenza, pregavi per la salvezza di entrambe, anche se pronta al sacri­ficio della tua vita. Tu amavi i nostri tre bambini non meno di quanto amassi la creatura che avevi ancora in seno. Ne sono certo. Per te quella maternità aveva gli stessi diritti alla vita di Pier­luigi, di Mariolina e di Lauretta. Il diritto alla vita della creatura che serbavi ancora in seno esi­geva l’apporto essenziale di te stessa, che in quella dolorosa circostan­za avrebbe potuto richiederti l’olocausto della tua vita. Tu sapevi che l’apporto materno nell’allevare, educare e formare i nostri figli non ha uguali, ma nella tua umiltà e soprattutto nella pienezza della tua fiducia nella Provvidenza, tu eri persuasa di non compiere un atto di ingiustizia verso i nostri tre figli, perché in quella dolorosa circostanza chi aveva necessità primaria e imprescindibile di te era la creatura nel tuo seno, e pur considerando il tuo dovere di allevare, educare e formare i nostri figli non meno grave del dovere di garantire la loro venuta alla vita dopo il concepimento, tu per la loro educazione e la loro formazione facevi pieno affidamento nella Provvidenza se la nuova maternità avesse chiesto il sacrificio della tua vita.

La tua carità

La tua vita è stata un atto perenne di carità e l’eroismo della tua carità – l’ho testimoniato – è stato per me, la conseguenza diretta della pienezza della tua fede e della certezza della tua speranza. So che hai assimilato dai tuoi genitori lo spirito di carità evang­elica.

È unanime in quanti ti hanno conosciuto nella tua giovinezza e durante gli studi, la testimonianza della tua Carità, del tuo amore vers­o Dio: amavi Dio e desideravi e volevi e operavi perché molti lo amassero. Desideravi portare anime a Dio e per questo operavi. Ne conseguiva il tuo apostolato attivissimo nell’ Azione Cattolica, la tua vita di fede integralmente vissuta, di intensa preghiera quoti­liana e di opere. Nel tuo prossimo tu sentivi di amare e di servire Dio stesso: da Lui il tuo apostolato caritativo, intenso e delicato, nelle conferenze li San Vincenzo e in molte altre forme. Nessuna meraviglia che questo tuo spirito e queste tue opere li carità ti portassero a sognare, ad aspirare, a sentirti chiamata ad una , vita missionaria in Brasile in aiuto a tuo fratello Padre Alberto.

L’elemento essenziale e dominante della tua Carità è stato il cer­care costante e premuroso, con la meditazione e la preghiera,’ la volontà del Signore, il compierla giorno per giorno, in qualunque circostanza, di fronte a difficoltà, a rischi e sacrifici. Lo testimoniano quanti ti hanno conosciuta e apprezzata dalla tua giovinezza; anch’io posso dare piena testimonianza.

Mi sono inserito nella tua vita quando hai compreso con cer­tezza che la volontà del Signore ti chiamava al matrimonio e alla mis­sione di madre. Subito i tuoi propositi, i tuoi desideri, i tuoi atti, sono stati in piena coerenza con la serena fiducia nella Provvidenza, con il tuo spirito di umiltà, con il tuo costante richiamarti e affidarti alla volontà del Signore, con lo spirito e l’opera di carità della tua giovinezza, quali io avevo appreso da voci unanimi.

Volevi diventare una sposa e una madre come il Signore voleva. Me lo hai anche scritto l’11 marzo 1955 all’inizio del nostro fidanza­mento. Per te, veramente, l’amore è stato come lo hai lasciato scritto nei tuoi appunti per le conferenze alle giovani di Azione Cattolica:

“L’amore deve essere totale, pieno, completo, regolato dalla leg­ge di Dio e deve eternarsi in Cielo”.

Hai permeato la tua vita quotidiana di sposa, di madre e di me­dico con lo stesso spirito di amore e di carità della tua giovinezza. Hai curato con sapienza e immenso affetto la formazione dei nostri figli e la vita della nostra famiglia.

Hai desiderato vivamente il quarto figlio.

Se il fibroma fosse apparso prima della gravidanza, né tu né io avremmo desiderato e tanto meno causato quella gravidanza. Purtroppo il fibroma è apparso a gravidanza in atto. Tu eri libera in quella preoccupante situazione di scegliere e de­cidere su tre soluzioni: la prima: togliere il fibroma, interrompere quella gravidanza ed escluderti la possibilità di avere altre gravidanze; la seconda: togliere il fibroma, interrompere quella gravi­danza e conservarti la possibilità di altre gravidanze; la terza: togliere il fibroma, non interrompere quella gravi­danza e conservarti la possibilità di altre gravidanze. La più sicura e la meno rischiosa per la tua vita in quella gravi­danza e per il futuro era la prima. La più sicura e la meno rischiosa per la tua vita in quella gra­vidanza e non per il futuro era la seconda. La più rischiosa e preoccupante per la tua vita in quella gravidanza e per il futuro era la terza.

Tu hai scelto, hai deciso e hai chiesto al chirurgo la terza solu­zione.

Lo hai fatto per la carità, la responsabilità materna, il sommo ri­spetto che tu nutrivi per quella gravidanza, per quel bimbo che avevi in seno e che per te aveva gli stessi diritti intoccabili delle altre gra­vidanze, degli altri bimbi che avevi avuto e che potevi avere in futu­ro: tutti dono di Dio.

Nei mesi successivi, quanto hai sofferto senza un lamento! Quanto pregare perché il bimbo nascesse sano e normale e fosse salva la sua e la tua vita. È stata la tua piena fiducia nella Provvidenza del Signore, la cer­tezza nella efficacia della Preghiera, il tuo abbandono alla volontà del Signore, a darti forza e sostegno in quella lunga e preoccupantis­sima attesa. Tu amavi i nostri tre carissimi bambini non meno di quanto ama­vi la creatura che portavi in seno.

Tu, per mesi e mesi, hai pregato e pregato il Signore, la Madon­na e tua madre perché il diritto e la garanzia alla vita della creaturi­na in seno non richiedesse il sacrificio della tua vita e conservasse te ai nostri bambini e alla nostra famiglia. Nello stesso tempo, se la volontà del Signore era diversa e se non fosse stato possibile salvare entrambe le vite, quella del bimbo e la tua, tu hai chiesto esplicitamente a me che fosse salva la vita del bimbo.

Con quella tua decisione offrivi l’olocausto della tua vita. E offrivi questo olocausto con lo strazio di sposa e di madre che deve lasciare bimbi e famiglia e quanto di più caro le abbia donato Iddio. Lo offrivi chiedendo alla pienezza della tua fiducia nella Provvi­denza, alla tua umiltà, alla preghiera, alla fede, che ti fosse tolto il timore e il dubbio che il tuo sacrificio fosse un atto di ingiustizia ver­so i bimbi che lasciavi orfani e verso la nostra famiglia e verso di me.

Non avresti compiuto un atto di carità eroica per salvare la vita della tua creatura in armonia con la volontà di Dio, se tu lo avessi po­tuto considerare un atto di ingiustizia verso i nostri tre bimbi, verso di me e verso te stessa e di conseguenza verso le leggi morali che per te erano un tutt’uno con le altre leggi del Signore; se lo avessi consi­derato un atto contrario alla carità che dovevi ai nostri tre bimbi. Tu consideravi il dovere tuo materno di allevare, educare e for­mare i nostri bimbi non meno grave del dovere di garantire la loro venuta alla vita dopo il loro concepimento. Tu sapevi bene che l’apporto materno nell’allevare, educare e for­mare i nostri figli non aveva uguale ma nella tua umiltà e soprattutto nella pienezza della tua fiducia nella Provvidenza, hai acquisito la per­suasione di non compiere atto di ingiustizia e di mancanza di carità verso i nostri tre bimbi perché la Provvidenza non avrebbe potuto non supplire alla mancanza della tua presenza visibile; di non compiere atto di ingiustizia e mancanza di carità verso di me perché rettamen­te tu mi consideravi nel dovere di accettare la volontà del Signore non meno di te e perché sapevi che io, pure nello strazio, condividevo la tua fede e non contrastavo l’eroismo della tua carità.

Le virtù morali di santa Gianna

Quando io medito sulle tue virtù morali, mi è impossibile pre­scindere dalle tue virtù teologali: erano queste in te che ispiravano, alimentavano e condizionavano in modo completo i tuoi sentimenti, la tua coscienza, le tue azioni, la tua condotta e le tue virtù morali. Mi è anche molto difficile considerarle e valutarle separatamen­te. La tua fortezza traeva sprone dalla tua giustizia e si alimentava della tua temperanza. La tua giustizia traeva alimento dalla tua prudenza.

LA TUA PRUDENZA

Una caratteristica particolare del tuo carattere e della tua condotta era l’equilibrio e la maturità e la purezza interiore. Prima di prendere una decisione pregavi molto e domandavi preghiere. Questo non meravigliava né me né quanti ti conoscevano perché sapevamo tutti che tu volevi poter veramente fare tutto e soltanto ciò che il Signore voleva da te.

LA TUA GIUSTIZIA

Tenevi come modello per questa virtù i tuoi santi genitori che tu ricordavi sempre: “tanto retti e sapienti di quella sapienza che era il riflesso del loro animo buono, giusto e timorato di Dio”.

La tua giustizia ti portava ad essere comprensiva, sincera, affa­bile e paziente verso tutti, a dare buon esempio, a donare serenità, a svolgere opera di apostolato e a soccorrere i poveri. Per te giustizia era santità. Ripetevi alle giovani di Azione Cattolica:

“La Grazia santìficante ci rende santi, cioè giusti”.

Eri giusta con Dio e tu sentivi veramente tutto come dono di Dio e gli eri sempre riconoscente. Eri giusta verso i figli e la famiglia: l’ho constatato giorno per giorno sino all’eroismo della tua giustizia verso la creatura che avevi in seno, compiuto con l’eroismo della tua carità.

LA TUA FORTEZZA

La fortezza è stata la virtù dominante della tua vita morale. Unanimi sono le testimonianze che hai sempre sentito fortemen­te i tuoi doveri, i tuoi impegni, le tue responsabilità dalla tua prima giovinezza, nella famiglia, negli studi, nell’Azione Cattolica e nelle Conferenze di San Vincenzo.

Sei stata lodevolmente impegnata dal ginnasio alla laurea appli­candoti anche al di sopra delle tue forze. Soffrivi moltissimo negli avvenimenti contrarianti e nelle diffi­coltà scolastiche, ma sapevi dominarle e sopportare tutto per amore di Dio.

Hai lavorato sempre con serietà. con tenacia e con la costanza di chi ha raccolto il messaggio di Cristo.

Appena ci siamo conosciuti, io ho compreso subito e me lo hai anche scritto, che tu volevi essere la donna forte del Vangelo. E lo fosti veramente.

Sei stata perseverante nella tua fortezza. Sei stata veramente forte nella sofferenza e non volevi e non trascuravi nulla perché i tuoi cari non soffrissero con te e per te.

La tua fede, la fiducia nella Provvidenza, il tuo affidarti alla vo­lontà di Dio, la tua fortezza nelle difficoltà e nelle sofferenze, la tua perseveranza nella testimonianza cristiana e nella carità ti hanno por­tato alla fortezza eroica di sacrificare la tua vita per la tua creatura.

LA TUA TEMPERANZA

Hai saputo accettare e godere i doni del Signore, i doni della vita senza mai abusarne, senza mai lasciarti soverchiare. I tuoi propositi e i tuoi atti erano in piena coerenza con la tua umiltà, con la tua sobrietà.

Mi hai dato l’esempio che si può godere la vita e la natura, la musica e il teatro, i monti e i viaggi, l’amore e la famiglia, con tem­peranza e per te i limiti della temperanza erano chiari: quelli della legge e della grazia di Dio. Sapevi essere sobria; preferivi servire che essere servita.

Pur nella tua temperanza, il tuo equilibrio, la tua purezza in­teriore sapevano trovare spazio per una gioia piena e perfetta, per un messaggio di serenità, di gioia a quanti avvicinavi.

Gianna, in questo mistico affettuoso colloquio, io ho ricordato a te e a me stesso i momenti più espressivi della tua e della nostra vita, le tue virtù e il tuo sacrificio. Mi accorgo che più di una volta mi sono ripetuto: quando si cerca di esaminare ogni singola virtù teologale e morale, è facile ri­petersi perché un sentimento, una azione, sono quasi sempre il ri­sultato congiunto di più virtù.

Vi è ancora una virtù che non è compresa tra le virtù teologali e le virtù morali; una virtù che ci viene poco ricordata, ma che per noi uomini chiamati a salvarci mentre siamo nel tempo, è di valore fondamentale e determinante per la nostra salvezza, come lo è il tempo in questa nostra vita terrena che conosce un inizio, una durata e una fine: la virtù della perseveranza, questa virtù che Mons. Cesa­re Orsenigo, allora Nunzio Apostolico in Germania, a me e ai miei compagni del collegio Villoresi S. Giuseppe in Monza, raccomanda­va, nell’anno della mia quarta ginnasio – e da allora non l’ho mai dimenticato, – come la più necessaria per la salvezza e il Paradiso.

E’ veramente il Signore ti ha dato la «corona di vita », quella dell’ Apocalisse del Santo di cui porti il nome, perché sei stata fedele sino alla morte, perché sei stata perseverante nelle virtù sino all’olocausto della tua vita terrena. E veramente questa fedeltà e questa perseveranza con la pienez­za del tuo sentire e del tuo vivere, alla luce del Vangelo, la vocazione e i doveri di madre e verso i figli che ti facevano corona e verso la creatura che attendevi, con l’eroismo del tuo sacrificio per la tua ma­ternità, sono un messaggio eroico di Fede e di Speranza, ma so­prattutto di Carità, di Amore; di quell’Amore che, come scrive San­ta Teresina del Bambino Gesù, «racchiude tutte le vocazioni».

Gianna, questo nostro mistico, affettuoso colloquio, rimanga pe­renne anche nella intercessione tua e di Mariolina al Signore, perché la luce del tuo sacrificio e del tuo messaggio dissolva il mistero del dolore di non possedere più il conforto ineffabile della presenza visi­bile tua e di Mariolina e ci renda perseveranti nelle virtù e nella grazia per poter anche noi, un giorno, raggiungervi nella corona del­la vita senza fine.

Le fondamenta delle virtù teologali e morali di santa Gianna

A questo punto possiamo domandarci quali erano le fondamenta dell’insegnamento morale e delle virtù di santa Gianna. Scrivendo ancora ai suoi figli, Pietro mette in luce queste fondamenta che hanno reso la vita di Gianna un atto e una azione perenne di fede e di carità.

Leggiamo, sempre nella “Positio”

Ora che ho potuto esaminare anche altri manoscritti della Mam­ma, rinvenuti nell’archivio di famiglia della sua giovinezza, ho rite­nuto per me doveroso ed edificante ricercare e mettere in luce le «FONDAMENTA» che hanno fatto sì:

  1. che tutta la vita della Mamma sia stata come io ve l’ho già presentata e cioè: un atto e un’azione perenne di fede, di carità, un ri­cercare senza sosta, per ogni decisione e per ogni opera, la volontà del Signore, con la preghiera e la meditazione, la Santa Messa e l’Eu­caristia,
  2. un realizzare continuo i precetti e i consigli evangelici, an­che quelli che chiamano alle vette del dovere, dell’apostolato e dell’amore, sempre, anche quando il sacrificio che ne consegue è quello della propria vita;
  3. che le virtù teologali e le virtù morali siano state da lei pos­sedute e attuate in modo eroico.

Queste «FONDAMENTA» sono state costruite dalla Mamma in cinque tappe essenziali della sua infanzia e soprattutto della sua giovinezza; tappe ciascuna delle quali, ad eccezione naturalmente del­la prima, è conseguenza e frutto diretto di quella che la precede:

  1. la pienezza e l’entusiasmo della apertura e della disponibilità con la quale la Mamma ha accolto e assimilato, già nell’infanzia e nel­la prima giovinezza, il dono della fede, la educazione profondamen­te cristiana, genuinamente evangelica e francescana, di dottrina, di esempi e di vita dagli ottimi genitori e nell’ambito delle comunità par­rocchiali e scolastiche che ha avuto la ventura di frequentare;
  2. la ricchezza e la profondità della formazione cristiana;
  3. la intuizione, la certezza e la entusiastica piena accettazione già nella prima giovinezza che:
  • l’unica cosa veramente importante è la grazia santificante e la vita divina della grazia;
  • la preghiera e i sacramenti sono essenziali per vivere e ali­mentare la vita di grazia;
  •  la grazia è la fonte della carità e con la carità e la grazia noi possediamo Dio e possedere Dio, avere Dio nel cuore, questa è la ve­ra felicità;
  • - la vita è bella quando è dedicata a grandi ideali;
  • - il dono e il possesso della grazia ci pongono nel dovere di testimoniare Gesù intorno a noi, di portare sempre la fiaccola del buon esempio, di aver cura della grazia santificante anche degli altri.

La vita, già fervida, nella prima giovinezza, di preghiera e di pratica religiosa e di sacramenti, di grazia e di buon esempio, di carità e di impegno deciso nell’Azione Cattolica, attuato nel suo pro­gramma integrale: preghiera, azione, sacrificio; la pienezza della formazione religiosa e della testimonianza cri­stiana dagli ultimi anni di liceo in poi. E questa pienezza porta la Mamma:

  • a impegnarsi con passione, con zelo e con generosità nell’apostolato dell’Azione Cattolica e della Conferenza di S. Vincenzo;
  • a trasmettere la sua sete di carità e di apostolato alle sue colleghe e alle sue socie e a fissare, nei suoi appunti manoscritti per le conferenze, le sue certezze e i tesori essenziali della vita e della testimonianza cristiana; certezze e tesori essenziali esposti con estre­ma chiarezza e con semplicità evangelica.

Questi appunti manoscritti dimostrano ancora oggi la ecceziona­le sicurezza della testimonianza cristiana della Mamma, e il concetto altissimo che Ella aveva della grazia santificante e della santità, della preghiera e dei sacramenti, della carità